Nel Medioevo le piante coltivate erano usate per la composizione di medicamenti semplici, cioè realizzati con una sola pianta o composti, prodotti da piante diverse combinate tra loro.
La tradizione continuò e venne incrementata nel Medioevo con l’istituzione dell’Hortus simplicium o Hortus medicus (detto anche viridarium nell’Alto Medioevo). L’hortus simplicium (sottinteso medicamentorum), il giardino dei medicamenti semplici, sorse presso i monasteri ed i conventi. Uno dei primi viridari fu fondato da Cassiodoro, già consigliere dell’imperatore Teodorico, che con la caduta dell’Impero Romano si ritirò dalla vita politica. Appassionato di medicina, scrisse le “Istitutiones divinarum et humanorum”, in cui raccomandava ai monaci di coltivare le piante medicinali e di studiare, trascrivendo e miniando, le fonti del passato, come Ippocrate, Dioscoride e Galeno. Resta fondamentale il ruolo culturale e sanitario svolto dagli ordini monastici, che si occuparono dell’assistenza agli infermi per assolvere la missione caritatevole cui erano chiamati. Svolsero anche, avvalendosi delle fonti classiche, un’intensa attività di ricerca in campo farmaceutico, realizzando medicamenti di grande efficacia. I monaci produssero dei cataloghi ragionati di tutte le erbe coltivate e utilizzate, chiamati Hortuli.
Gli hortuli erano raccolte di piante figurate in cui si descrivevano le caratteristiche e le virtù delle singole piante. In questo modo la conoscenza della medicina e dell’impiego delle piante officinali si diffuse rapidamente tra gli stessi ordini monastici. Accanto alle abbazie sorsero i primi ospizi ed ospedali per accogliere i pellegrini infermi fin quando nel 1200 il Papa Onorio III non proibì l’esercizio della medicina ai chierici secolari e nel 1231 Federico II di Svevia vietò ogni rapporto tra la professione dello speziale e quella del medico impedendo l’esercizio della professione medica senza autorizzazione.
L’unico centro culturale pubblico, abilitato a rilasciare il titolo di dottore fu la Scuola di Salerno. Nella scuola salernitana, la cui origine probabilmente si collega ad un centro monastico, confluirono gli elementi della tradizione classica influenzati dalla cultura araba.
Il “monacus infirmarius” e il “monacus medicus” dirigevano l’infermeria e la farmacia del monastero ed erano preposti anche alla coltivazione delle erbe, alla selezione delle sementi e al rapporto con gli altri conventi per la sperimentazione di altre piante.
Le erbe coltivate, una volta raccolte, erano disponibili all’occorrenza per la preparazione di tinture, tisane, unguenti per la cura dei malati ma anche di bevande e liquori a scopo terapeutico ma anche degustativo ancora oggi molto conosciuti. Di questi ricordiamo il Benedicine, prodotto dal monaco benedettino Dom Bernardino Vincelli nel 1510, lo Chartreuse o Elixir di lunga vita del 1605, il Cusenier dell’Abate di Montbenoit risalente al 1637.
Ecco perché anche quest’anno parteciperemo al rinomato Mercatino delle erbe di Casola Valsenio che ci vedrà impegnati tutti i venerdì sera di luglio e agosto.
Porteremo il meglio dei prodotti monastici a base di erbe sia cosmetici che alimentari: creme di bellezza, tisane, saponi, tonici, elisir, amari, liquori, mieli e derivati. Porteremo anche la birra in quanto come ben sapete essa è aromatizzata con il luppolo e quindi inseribile tra i derivati delle erbe aromatiche; anzi nelle birre belghe, in particolare quelle trappiste il luppolo è un componente essenziale insostituibile.
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