Sono arrivate le birre trappiste.
Spesso confuse con le birre d’abbazia, le birre trappiste sono 6 in tutto il mondo. Non si posso confondere con le birre d’abbazia alle quali si da questo nome “esotico” per evocare una tradizione e una cura artigianale del prodotto, che però non ha nulla di monastico. Le birre d’abbazia non sono prodotte dai monaci o perlomeno non sono prodotte da monaci trappisti. Negli anni 50 in Belgio c’erano 50 brasserie che si fregiavano del termine “birra trappista” ma che con i trappisti e spesso anche con i monaci non avevano nulla a che vedere.
È in questo contesto che 8 monasteri trappisti hanno fondato “L’Associazione internazionale trappista” i cui membri possono utilizzare il marchio “Autentic Trappist Product”.
Questo logo certifica che quel prodotto è stato fabbricato all’interno di un monastero trappista sotto il controllo dei monaci e le entrate provenienti dalla vendita sono destinati allo scopo sociale dell’abbazia. È per questo motivo che la Trappe olandese è uscita dal gruppo in quanto è stata venduta alla Heineken.
Dicevamo sono 6 in tutto il mondo e sono prodotte nei seguenti monasteri:
Sono tutti monasteri belga legati alla “trappa”, nome popolare dato a uno dei due grandi ordini Cistercensi che si rifanno al Monastero di “La Grande Trappe in Normandia”.
Sono birre artigianali legate ad antichi e segreti processi che rimangono spesso all’interno delle Abbazie da diversi secoli. Birre impegnative non adatte a palati abituati a bionde da supermercato.
Per iniziare si può partire da una bionda Achel con 8% vol., schiuma fine e non persistente, colore biondo velato, aroma fresco, leggermente luppolato, ma anche ricco di note speziate (quasi di lievito). Corpo rotondo e strutturato, nel quale si alternano al palato note morbide di malto, alcuni sentori leggermente piccanti e speziati, note sicuramente agrumate con un finale ricco di sapori legati alla frutta matura (sembra fico). Complessa, e variabile anche nel finale comunque molto lungo e altrettanto ricco di note mutevoli e in evoluzione continua.
Per entrare nel mondo delle rosse niente di meglio della mitica Orval, ambrata con 6.2% vol., birra molto amara prodotta con fiori di luppolo freschi, fermentata la prima volta con lieviti aromatici, poi rifermentata nei tini e infine in bottiglia. Ha spuma cremosa e abbondante, di media persistenza.
I profumi: intensi e molto rustici, ricordano le prugne e le susine bianche, la scorza d’arancio, il pepe, luppolo e lievito aspro. In bocca è mediamente frizzante, molto asciutta, fruttata e alterna le note agrumate a quelle speziate e al luppolo, in una corsa lunga che termina in un finale amaro giocato sui toni del rabarbaro, della china e della liquirizia.
Infine per i più appassionati Rochefort 10, colore mogano scuro, leggermente opalescente per il lievito in sospensione, con schiuma color caramello fine e persistente. Il naso: profumi netti e intensi di banana, frutta secca, caffè tostato, liquirizia e pepe; dire che è ricca, multiforme, esplosiva non rende completamente l’idea. È una vera prelibatezza.
Le sensazioni del palato: malto, sempre e dovunque, frutta matura, spezie, pepe e cannella, un po’ di cioccolato e liquirizia, lievito, ma non in ordine sparso: ognuno di questi al momento giusto e al posto giusto, senza doppioni né sovrapposizioni. La corsa è delicata, calda di alcool, generosa di sensazioni: ancora la liquirizia, l’amarino del cioccolato, un delicato luppolo finale che la rende armoniosa e armonica. Una nota: il numero che da il nome alla birra di Rochefort determina la densità della birra.
Per acquistare le birre mandare una mail a info@botteghemestieri.it,
vi invieremo il listino prezzi aggiornato e le condizioni di spedizione.
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